Forma e Sostanza: l’aspetto di un verificatore
Avete mai pensato a quanto – davvero – l’abito possa fare il monaco e a quanto come ci si pone conti sul posto di lavoro? E’ mattina presto, sono già vestita e pronta ad uscire di casa: il profumo del caffè aleggia ancora in cucina e tutto è pronto per un’altra intesa giornata di lavoro. Prendo la mia borsetta, ripasso mentalmente l’elenco delle cose che dovrò fare entro sera e appoggio la mano sulla maniglia della porta. Prima di aprirla, però, c’è un appuntamento al quale non posso rinunciare: quello con lo specchio, che sta proprio lì nell’ingresso. Non esco mai di casa senza aver controllato che nel mio aspetto sia tutto a posto, non solo per quel minimo di civetteria che abbiamo noi donne, ma soprattutto perché nel mio lavoro la forma esteriore è anche sostanza. La divisa deve essere pulita, il cartellino di riconoscimento in evidenza, i capelli in ordine, il trucco leggero e mai appariscente. Per i colleghi maschi, se la vogliono tenere, la barba deve essere ben curata. Questi elementi esteriori sono la prima regola del controllore, un biglietto da visita molto semplice da esibire ma sempre efficace.
Presentarsi sui mezzi pubblici con una mise inadeguata – o semplicemente disordinata – può rendere il mio lavoro molto più complicato. Il motivo è semplice: se non mostro interesse per il mio aspetto o per l’abbigliamento, trasmetto agli utenti il messaggio che non ho interesse per il mio ruolo. E’ come se dicessi: “Sì, le regole le conosco, ma oggi non mi va di seguirle e faccio a modo mio”. Prima ancora di aprir bocca avrei già perso l’autorevolezza, che è parte fondamentale della mia funzione.
E’ un meccanismo istintivo, che scatta in ognuno di noi senza che ce ne accorgiamo. Un po’ come accade per i militari o gli appartenenti alle forze dell’ordine: la divisa e l’aspetto esteriore sono elementi identitari, sottolineano l’appartenenza del singolo ad un gruppo con regole e codici di comportamento ben definiti. Oltre ai vestiti, ai capelli, al trucco, ci sono anche altri aspetti da tenere presente, che in altre professioni non sono invece così importanti. Ad esempio, chi di noi fuma (pessima abitudine, peraltro, che sconsiglio a chiunque di acquisire) si guarda bene dal farlo durante il servizio. A bordo dei mezzi non se parla proprio, ovviamente (ed è comunque sempre vietato), ma nemmeno quando si è in fermata, in attesa che arrivi un bus sul quale salire per effettuare i controlli. E lo stesso vale per il cibo e le bevande: durante il servizio, con indosso la divisa, non si mangia né si beve. Siamo pur sempre pubblici ufficiali!
Ma non si pensi che siamo come dei soldatini inquadrati: abbiamo diritto anche noi, come tutti, ad una pausa durante il lavoro per prendere un caffè o fumare una sigaretta. Semplicemente, per farlo, dobbiamo prima metterci “in borghese”, togliendoci il cartellino di riconoscimento o sfilandoci il giubbino con il logo che ci identifica come operatori di un pubblico servizio. E’ questione di decoro, di dignità, di rispetto del nostro ruolo. Aver cura del proprio aspetto, insomma, è un metodo facile ma incisivo per rimarcare la propria professionalità.